ERITREA – LA GUERRIGLIA AL POTERE
di Marco Quagliaroli
Dopo una guerriglia popolare di lunga durata sviluppatasi nell'arco di tre decenni dal 1962 al 1991 condotta dal Fronte Popolare di Liberazione di matrice marxista con a capo il compagno Isaias Afewerki contro l'Etiopia, l'Eritrea (5 milioni di ab.) è giunta all'indipendenza il 24 maggio 1993.
Il presidente della repubblica Afewerki e il governo rivoluzionario del Fronte Popolare per la Giustizia e la Democrazia (ex FPLE), hanno iniziato la costruzione della nuova Eritrea partendo da una ideologia nazionalista che pone al centro l'indipendenza nazionale combinata con la questione sociale fondata sull'uguaglianza, la partecipazione delle masse e l'emancipazione femminile (elemento quest'ultimo molto sentito nella vita del paese).
Ne viene fuori, come dice Mohammed Hassan in una lunga intervista per il sito Resistenze, una forma originale di democrazia popolare indirizzata all'edificazione del socialismo basata sui Comitati Democratici di Villaggio ispirati all'esperienza dei CDR a Cuba. Tale organismo costituisce un autentico strumento di protagonismo popolare e funge da cinghia di trasmissione tra la società civile e il partito al potere il cui gruppo dirigente sembra far tesoro delle tragiche realtà di altri paesi africani in fatto di corruzione tenendo un tenore di vita modesto a cominciare dal presidente Afewerki.
La storia della rivoluzione eritrea, pur nella sua indiscutibile originalità, presenta tratti in comune con altri paesi tanto che la nuova Eritrea viene definita a volte la "Cuba africana" per la struttura di governo e le istituzioni del potere; a volte il "Vietnam africano" per la pluridecennale lotta di liberazione nazionale; a volte la "Corea del nord africana" per la sua scelta di sviluppo auto centrato e il rifiuto di ogni ingerenza esterna ( rifiuto di accettare le ricette del FMI, della BM, e del la collaborazione delle ONG di dubbia lealtà verso il sistema politico scelto dal processo rivoluzionario forte di un vastissimo consenso popolare).
La disavventura dell'Eritrea è quella di trovarsi nel corno d'Africa, zona strategica di vitale importanza sulla quale gli Stati Uniti d'America vorrebbero ristabilire il loro controllo tramite l'Etiopia che, con l'indipendenza di Asmara ha perso ogni sbocco sul mar Rosso. Questo elemento geopolico collegato all'ostililità ideologica fanno si che non si possa escludere un intervento militare imperialista come già accaduto in un contesto completamente diverso nella vicina Somalia.
In poco più di vent'anni dalla dichiarazione di indipendenza sono state costruite case, scuole, ospedali, ambulatori nelle zone rurali, strade, ferrovie e ben 100 dighe e 800 pozzi che assicurano il bene prezioso dell'acqua in tutto il paese; è stato praticamente cancellato l'analfabetismo, attuata la riforma agraria ed eliminata la barbara usanza dell'infibulazione pesantemente sanzionata per legge.
Si tratta di un grande progetto di rinascita nazionale attento a decentrare la crescita in favore del resto del paese al fine di evitare un insostenibile flusso migratorio interno su Asmara, come invece succede in altre realtà del continente nero con l'unico risultato di creare immense megalopoli di disperati di cui ci parla Franz Fanon nel suo libro "I dannati della terra".
Il modello di sviluppo scelto dal gruppo dirigente eritreo è basato sulla valorizzazione delle risorse interne, sulla crescita economica ottenuta senza avere rapporti con le istituzioni del capitalismo internazionale e su una correttezza morale che sembra aver messo al bando ogni forma di corruzione. Un esempio prezioso e molto temuto dall'Impero del Male. In fatti, nel 1998, dopo pochi anni di pace, l'Etiopia dell'allora presidente fantoccio Meles Zenawi, vassallo degli Stati Uniti d'America, inizio' una nuova guerra di invasione contro l'Eritrea nella zona di confine di Badme nella speranza di far cadere il governo di Asmara.
Tuttavia l'offensiva etiopica fu respinta dalle forze armate eritree benchè inferiori per numero e per mezzi.
Nonostante la battuta d'arresto causata da questo nuovo conflitto oggi possiamo registrare un notevole sviluppo economico del paese (parametrato ovviamente agli standard africani) con un incremento annuo del PIL oscillante TRA IL 6 IL 7%.
Tale risultato è stato ottenuto anche grazie alla collaborazione degli alleati dell'Eritrea: la Cina, ove molti dirigenti eritrei, tra cui Afewerki, appresero la tecnica militare frequentando l'Accademia di Shangai, fornisce cemento, biciclette, pezzi di ricambio ed altre merci oltre alla modernizzazione del porto do Massaua (molti studenti eritrei studiano nel grande paese asiatico); Iran e Corea del Nord forniscono armi; cuba - decine di medici operano nel paese; da rilevare anche le rimesse provenienti dalla diaspora.
La forma di governo è così strutturata. l'Eritrea è una repubblica presidenziale in cui il presidente della repubblica, nell'ambito della costituzione, presiede l'Assemblea Nazionale, è il capo delle forze armate, sceglie i ministri, il presidente della Banca Centrale e il presidente della Corte Suprema.
L'Assemblea Nazionale è composta da 150 membri eletti dal popolo, elegge il presidente della repubblica e ratifica i trattati internazionali.
Il 50% dei seggi è riservato al Fronte Popolare per la Giustizia e la Democrazia (FPGD) , il partito unico al potere; il restante 50% viene eletto tra i candidati delle varie organizzazioni di massa: prima tra l'Unione delle Donne Eritree (UDE) autentico focolare di emancipazione e protagonismo femminile rivoluzionario che svolge un ruolo centrale nella società, nella famiglia e nelle forze armate; la Confederazione Nazionale dei Lavoratori Eritrei (CNLE) il sindacato che comprende gli operai e i contadini; l'Associazione Nazionale degli Studenti Eritrei.
La libertà religiosa è garantita dalla costituzione. I nove gruppi etnici presenti (tigrini, tigrè, hedareb, bileni, cunama, saho, afar, rashaida) collaborano armoniosamente in assoluta parità di diritti. Se a tutto ciò aggiungiamo la partecipazione di 500 soldati eritrei alla difesa della jamahiryya libica possiamo comprendere l'ostilità dei terroristi della Casa Bianca.
Ed ecco puntuale come sempre la campagna mediatica stile Gaoebbels: "Una menzogna ossessivamente ripetuta diviene una verità".
Afewerki è un dittatore sanguinario; l'Eritrea appoggia il terrorismo; annunci di colpi di stato inesistenti; notizie infondate sulla morte del presidente; la fuga dei migranti dall'inferno del proprio paese (in realtà non eritrei che si dichiarano tali per avere più facilmente lo status di rifugiato politico); la solita nennia ipocrita e demagogica dei diritti umani quando 35 milioni di cittadini vivono in strada (homeless) oppure 11 milioni di italiani rinunciano ad acquistare medicinali per mancanza di mezzi finanziari (Gino Strada Ha dichiarato che mai avrebbe pensato di aprire dei presidi di Emergency in Italia ma ciò e' avvenuto per l'aumento delle fasce sociali colpite dalla povertà.
Tutta questa grancassa mediatica di menzogne, calunnie e minacce infami possono aprire la stra ad un intervento militare.
Un ultima considerazione: la sinistra europea, ed anche italiana, giustamente solidale Cuba, Vietnam, il primo Nicaragua ha sempre ignorato la rivoluzione eritrea che non ha mai potuto contare sulla solidarietà internazionale.

